FELICITA’ O BENESSERE PSICOLOGICO? Parte 2

Nessuno di noi può dire con certezza cosa sia la felicità ma tutti sappiamo che esiste e che la vogliamo, che è qualcosa di augurabile, che possiamo raggiungere, che siamo in diritto di ricercare e, in definitiva, in dovere di acquisire.

E’ questo quello che la maggior parte di noi sente come felicità: un insieme in cui si confondono idee, valori, giusto, sbagliato, obiettivi, progetti, gioia, entusiasmo, vitalità, amore, amicizia, solidarietà, salute, soldi, compassione, coca-cola, benessere psicologico, divertimento e chi più ne ha più ne metta.

E nella confusione il significato di ognuno di questi aspetti dell’esperienza umana si perde, si con-fonde. Ma siamo sicuri che questa con-fusione sia la felicità?

Forse anche tu, come me, a questo punto sei arrivato a sperimentare ciò che dice Wittgenestein:

“Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più”.

La letteratura, la poesia, ci vengono in aiuto. Qualche tempo fa ho ascoltato un brano di Hermann Hesse sulla felicità, letto da Nino Campisi:

Ascoltando questo brano hai sentito anche tu di aver agganciato un anello fondamentale?

Ho trovato questo anello nella parola capacità. Capacità di sentire le sensazioni, le emozioni. Capacità di amare. Ad un certo punto, Hemann Hesse scrive: “…la felicità era ovunque la persona avesse forti sentimenti e vivesse per i sentimenti, senza soffocarli, senza violentarli, coltivandoli, e traendone godimento”.

Non dice che tutti possiamo essere felici, che la felicità è per tutti e che tutti siamo in dovere di ricercarla.

La felicità è raggiungibile a patto che tu non abbia perso la capacità animale ed infantile di vivere di emozioni e sentimenti. E a patto che tu abbia poi maturato la capacità, la competenza di entrare in contatto con le tue emozioni e regolarle, “senza soffocarle, senza violentarle, ma coltivandole” e in fine, cosa fondamentale, “traendone godimento”.

Sembra che Hermann Hesse stia parlando non solo di felicità ma di quel meccanismo, quella fondamentale competenza e capacità che si origina e si sviluppa a partire dalla relazione sintonica e distonica tra neonato/bambino e ambiente affettivo (colei/colui che si prende cura di lui);

La capacità di entrare intimamente in contatto con il proprio Vero Sè e regolare i propri stati emotivi senza reprimerli o scaricarli furiosamente all’esterno.

Sta parlando di uno di quegli aspetti dello sviluppo psicologico che oggi la psicologia positiva indica come una delle dimensioni del benessere psicologico: la capacità di entrare in contatto intimo con sè stessi.

E da questa, la capacità di costruire relazioni affettive significative con gli altri, la capacità di amare, di scambiare reciprocamente fiducia ed empatia.

Sommarie Conclusioni

  • Le ricette per la felicità di solito indicano che le persone più felici sono quelle che hanno il maggior numero di relazioni sociali – Da qui l’indicazione a socializzare e costruire relazioni. Adesso, dopo aver pensato assieme a me, cosa pensi di questa indicazione?
  • E’ abbastanza chiaro che felicità e benessere psicologico non sono la stessa cosa! Per sbrigliare la matassa ed uscire dalla con-fusione, continuerò ad utilizzare la parola felicità per riferirmi ad uno stato d’animo più o meno transitorio e più o meno fugace.
  • Sarebbe invece più corretto e meno con-fusivo, parlare di funzionamento psicologico ottimale per riferirsi al complesso insieme di competenze emotive, sociali, relazionali, cognitive che ti rendono in grado di assaporare quel fugace stato della mente a cui tutti agogniamo e che chiamiamo felicità.

Il nostro cervello, il mio ed il tuo, non si ferma mai. Come me, ti starai già chiedendo:

Cosa cambia nel nostro modo di vivere e abitare il mondo adesso che abbiamo compreso queste sostanziali differenze tra felicità e funzionamento psicologico ottimale?

Continua a pensare assieme a me!

Buona Salute

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